MEMORIA FALSA O INDOTTA! SPESSO LE SORTI DI UN PROCESSO LEGATE AD UN FILO SOTTILE!
La prova regina per l’accertamento processuale, nell’ambito della nostra struttura giudiziaria, spesso è legata alla “testimonianza“.
Se il testimone viene ritenuto affidabile dal giudice, in conseguenza la sua testimonianza diventa la prova diretta della responsabilità dell’imputato!
Ma chi ci assicura che il ricordo del teste non sia stato indotto o sia un falso ricordo?
Lo studio del funzionamento della memoria, per i principi giuridici, non prende in alcuna considerazione che: “La testimonianza non è una fotografia esatta di ciò che ha vissuto il teste e i suoi ricordi non costituiscono contenuti obiettivi e inalterati della realtà”.
L’attendibilità del testimone è basata unicamente sul fattore che sia incensurato e non abbia motivo di mentire, perché non coinvolto nei confronti delle parti.
Le neuroscienze mettono in guardia da tempo, rispetto a questo metodo di valutazione, ma i meccanismi del processo sono imbrigliati in criteri datati per verificare l’attendibilità del testimone, o meglio, la veridicità delle sue dichiarazioni.
Sull’accuratezza del racconto influiscono diverse variabili: da quelle che interessano in maniera specifica la condizione del teste in quanto persona, alla fiducia che lui stesso ripone nel proprio ricordo. Spesso anche in assenza di dati certi che ne confermino il contenuto.
In effetti, un elevato grado di certezza nella propria memoria può essere infondato ed è evidente come tale valutazione possa essere facilmente contaminata da fattori non oggettivi.
Le convinzioni possono essere condizionate dal comune pregiudizio nei confronti di una determinata situazione, e dalle personali opinioni circa il funzionamento dei processi mentali, per favorire il recupero di uno specifico ricordo.